Torino, la capitale tradita
Il Parlamento italiano aveva designato Roma come capitale d’Italia già nel marzo del 1861. Cavour faceva appello agli abitanti della città di Torino, al gran sacrificio cui erano chiamati come naturale conseguenza della loro dedizione alla causa italiana.Quando tre anni dopo, in quel fatidico settembre del 1864, si annunciò il trasferimento della capitale a Firenze, Torino si sentì tradita, relegata alla periferia cui regrediva come capoluogo di regione. Essa entrava in una vera e propria crisi d’identità, perdendo quel ruolo che l’aveva vista come capitale sabauda prima e poi d’Italia.
I torinesi allora scesero in piazza, senza distinzione di classe, per protestare contro la partenza della corte, degli apparati governativi e di numerose banche da cui dipendeva la propria sopravvivenza. A quel movimento, il governo rispose con una durezza spietata. L’esercito aprì il fuoco sui manifestanti e in piazza Castello e in piazza San Carlo, già tante volte sedi di festose celebrazioni, ci furono più di cinquanta vittime, oltre a un centinaio di feriti.
La città rimase sbalordita, ma nell’arco di pochi anni il senso pratico non tardò a prevalere sul ricordo delle stragi. Torino decapitalizzata, come racconta Attilio Brilli, cercò in altri campi nuove fonti di prosperità, diede origine a un movimento industriale, commerciale ed anche bancario.
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