Il pittore di Cento alla corte dei Savoia

Giovanni Francesco Barbieri detto il Guercino, autoritratto

Nell’Ecce homo della Galleria Sabuda, le figure a mezzo busto sono rappresentate a grandezza naturale. Gesù è incoronato di spine, con i polsi legati e una canna nelle mani. A sinistra un soldato armato, secondo l’uso seicentesco, gli appoggia sulle spalle il manto di porpora. Suggestivi giochi di luce accentuano il tono realistico e insieme drammatico della scena. La composizione appare ispirata al moderno melodramma, secondo un approccio teatrale congeniale al Guercino che coinvolge ancora più lo spettatore.

L’opera che appartiene alla maturità del pittore risale al periodo bolognese (1659). Originario di Cento, l’artista si era trasferito a Bologna dopo la scomparsa improvvisa di Guido Reni, suo principale concorrente sul mercato artistico. Guercino si dedicò prevalentemente alle figure, destinando la sua produzione alla ricca borghesia ma anche a sovrani come la regina di Francia Maria de’ Medici e Carlo I d’Inghilterra, a conferma del prestigio internazionale raggiunto.

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Nani alla corte di Torino

I nani furono una presenza costante nelle corti europee del Cinquecento e d’inizio Seicento, ben al di là della semplice funzione di abbellimento.

Galleria Sabauda: Carlo Emanuele I e il nano Fabio

Questi piccoli uomini occuparono spesso un posto di prestigio accanto ai signori dell’epoca, come attesta il dipinto dell’Argenta, nella collezione dei Musei Reali di Torino. Nel ritratto, il giovane duca Carlo Emanuele I è in compagnia del nano Fabio, su cui appoggia spensierato la propria mano. Più profonda è invece l’espressione del paggio il cui sguardo intercetta quello dell’osservatore per, come suggerisce Fulvio Cervini, docente di Storia dell’Arte Medievale (Università di Firenze), svelare una dimensione altra.

Un altro nano di nome Tiene è ricordato a corte. Al servizio della Madama reale Maria Cristina, fu sospettato d’essere una spia al servizio della Francia. Morì nello spedale de’ cavalieri e fu sepolto il 26 novembre 1622 nella cripta di San Paolo (Basilica di San Maurizio).

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L’amante dell’imperatore

Torino: Palazzo Verasis in via Lagrange 29

Virginia Oldoini, contessa di Castiglione, prima di trasferirsi a Parigi, visse a Torino in via Lagrange 29, subito dopo Palazzo Cavour.

Il cugino Camillo, alla vigilia della partenza per la capitale, le raccomandava in una lettera di usare qualunque mezzo, ma di portare a termine la missione!

Il primo ministro che aveva pianificato accuratamente l’operazione sperava di guadagnare l’imperatore francese alla causa italiana. Spettava dunque alla giovane Virginia, all’epoca molto bella e disinvolta, sedurre Napoleone III. Compito non impossibile per l’irrequieta contessa, che amava definirsi la più bella donna del secolo, mettere al servizio della patria le proprie grazie.

Altre teste coronate passarono nell’alcova di Virginia, tra cui lo stesso Vittorio Emanuele II, tanto che alla sua morte i servizi segreti sabaudi bruciarono i documenti più compromettenti per cancellare le prove del ruolo effettivamente svolto dalla spregiudicata contessa.

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